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Tarantismo e NeoTarantismo
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LA MARCATA IDENTITA’ DEL “NEO-TARANTISMO”
di Grazia
Rita Di Florio
Forse
è un effetto boomerang, ma contro il tentativo di omologazione
culturale messo in atto dai media e dalle combriccole di potere, ecco
spuntare i movimenti controculturali metropolitani tra rabbia, ironia
ed esplosioni creative, e una ripresa innovativa delle culture tradizionali,
quindi anche della musica, che si traduce in piazze, sagre e feste popolari
affollate, trepidanti al ritmo degli strumenti della tradizione, locali
underground e centri sociali immersi in esaltanti momenti di catarsi collettiva
Non a caso il flashback, la retrovia culturale annovera il Sud, la Puglia,
il Salento, antico crocevia di popoli e culture, nella sfida allerosione
del tempo. La pizzica, dunque, con il suo apparato coreutico-musicale-cromatico,
per secoli correlata alla sofferenza e alla vergogna. In questi ultimi
anni assistiamo a un ulteriore recupero della musica popolare, a una ripresa
di attenzione non esente da polemiche e sospetti modaioli. La metodologia
interdisciplinare delle ricerche, con lapporto di sociologi, antropologi,
etnologi ed affini la dice lunga tuttavia circa limportanza del
fenomeno.
Con il libro Netorantismo,
pizzica, transe e riti dalle campagne alle metropoli (Stampa Alternativa,
ed. 2004, pp 206, euro 18,00 con una compilation allegata di brani di
musica popolare) Anna Nacci, alias Tarantula Rubra, tenta di districare
il complicato groviglio della matassa. Col piglio di ricercatrice impura
e appassionata famelica, la Nacci raccoglie informazioni mediante le sue
ricerche, interviste agli autori contemporanei della musica popolare,
interventi di intellettuali e studiosi e una breve incursione nellapparato
fotografico delletno-documentarista Luigi Di Gianni. Ciò
che preme allautrice è mettere in rilievo il forte bisogno
di catarsi, di liberazione dagli affanni e dalle oppressioni quotidiane,
di ricerca di transe psichedelica da parte di molti giovani e meno giovani,
uomini e donne senza distinzione di razza e ceto sociale, attraverso la
musica/ballo pizzica, che la induce ad azzardare lesistenza di un
neotarantismo. Tra i più illustri sostenitori di questa tesi è
Georges Lapassade, sociologo
ed etnologo dellVIII Università di Parigi, fervente fautore
del concetto di transe metropolitana e studioso assieme al sociologo Piero
Fumarola degli stati modificati di coscienza.
Secoli or sono, nelle campagne del Salento la transe veniva indotta dal
morso della tarantola e dello scorpione. Almeno secondo le credenze popolari.
La cura veniva somministrata a suon di musica e danza, i più antichi
strumenti terapeutici del mondo, e scongiurando la grazia del Santo. La
teoria della transe metropolitana incontra lo scetticismo dei fautori
della corrente tradizionalista, in una opposizione che si manifesta attraverso
la stampa, pubblicazioni e convegni sul tema. A sostegno della sua tesi,
ovvero della possibilità che si verifichino episodi di transe e
del trionfo della pizzica e del tarantismo al di là del mito del
ragno, la Nacci riporta nel suo libro la testimonianza di una attarantata
che racconta della sua transe, ballando e ascoltando la pizzica. Oggi
non si va più nei campi, e anche se si va non si è più
morsi da tarantole o scorpioni, perché le campagne sono piene di
diserbanti e pesticidi. Santo Paolo no cura, se Santo Paolo non morde.
La pizzica resta collegata a riti millenari o perlomeno ai suoi ricordi.
Ma la tradizione non è immobile, bensì un processo dinamico,
capace di raccogliere lessenza del passato e trasporla nel presente,
innestandosi con esso. Questo concetto sembra mettere daccordo un
po tutti. La divergenza si manifesta su come debba essere inteso
il rapporto con la tradizione e col nesso, non secondario, con le relazioni
di potere. La storia si trascina dietro musica, danza e canti. Occorre
riappropriarsi di simboli, gesti, e conferirgli nuovi significati, scevri
da purismi ed essenzialismi incauti. Pizzica, tammurriate
e tammorre si mescolano con altri ritmi e altri suoni, con musiche e culture
altre, e le commistioni che ne derivano sono a volte eccellenti, a volte
mediocri. Contiene di tutto, tracce di folklore locale ed edonismo cosmopolita,
è pretesto di incontro confronto scambio con specificità
altre.
La pizzica ( e la simbologia ad essa correlata) e il nesso tarantismo
Salento, assumono oggi la valenza di luogo simbolico
dei processi identitari e della tradizione di appartenenza. Assurta a
vessillo, emblema, da ostentare con fierezza, diviene marcatore
didentità, si è detto, positivo in quanto tale,
non un tratto etnicizzante che rischia di sfociare in perturbanti fondamentalismi.
Poi, se parliamo di gusti, è un altro paio di maniche.
Grazia
Rita Di Florio
ALIAS, supplemento settimanale de Il Manifesto 23 ottobre
2004
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