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ANTROPOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE VISUALE

[…] “Il telecomando è, probabilmente, lo strumento che più ha ereditato - insieme alla pubblicità televisiva - le funzioni "materne" del doppio vincolo. Esso, infatti, permette la ricerca costante e inesauribile di brani di programmi, in genere brevissimi, in particolare quando i programmi "totali" sono avvertiti come inaccettabili. Paradossalmente la restrizione temporale della consumabilità per frazione di canale prolunga il consumo complessivo del sistema televisivo. Il telecomando rinvia e rinnova, grazie alla moltiplicazione dei canali e dell'offerta, una disponibilità alla felicità, al divertimento, alla distrazione, che invariabilmente viene negata e riproposta - in una sorta di parodia della hegeliana "negazione della negazione" - all'infinito. Sei i singoli programmi sono inadeguati rispetto alle loro promesse, la somma di frazioni minime dei programmi totali non solo è tollerabile, ma è gradevole "gioco" all'infinito di congiunzioni causali; il senso di rinnovabile e inesauribile onnipotenza del telecomando si "schiaccia" di fronte alla paralisi di esperienza, ai brandelli di una comunicazione ormai indifferenziata." […]

[...] "Ora il corpo, o meglio, i messaggi corporali che si donano agli sguardi sono diventati l'ossessione della medesima civiltà occidentale. Dalla società dei consumi, corrisponde più o meno al periodo accennato precedentemente, siamo passati alla cultura dei consumi che si diffonde nella vita di tutti i giorni e che ha trasformato l'ordine simbolico, in parte prescindendo e in parte condizionando l'espansione delle merci da vendere sul mercato. La ricerca dei consumi ricerca l'impegno a trasformare il sé e il proprio stile di vita, arricchendo gradevolmente la vita privata. (….) La cultura dei consumi si fonda sulla costante produzione e riproduzione di segni ben riconoscibili dai loro possessori e dal loro pubblico; essa non incoraggia un passivo conformismo nella scelta delle merci, ma al contrario, cerca di educare gli individui a leggere la differenza dei segni, a decodificare facilmente le infinite minuzie che distinguono vestiti, libri, cibi, automobili. stanze.”. [...]

 

Questi brani sono tratti dal libro
Antropologia della comunicazione visuale
Massimo Canevacci
MELTEMI, 2001

 

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