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Il ponte di S. Giacomo

Il ponte di S. Giacomo

"Nel momento in cui nelle società industriali a capitalismo avanzato si verifica, con lacerazioni drammatiche, la crisi di quell'insieme concettuale, emotivo, comportamentale, istituzionale che potremmo definire organizzazione dell'estroversione collettiva - decisione, secondo l'intuizione pascaliana, di non pensare radicalmente la morte -, emerge, con impressionante puntualità ciclica, l'angoscia di morte che scompagina agli assetti tradizionali e introduce disordine a livello esistenziale, sociale e politico. (…)
La rimozione individuale o collettiva della morte non è mai operazione definitivamente vincente. La morte ritorna come spettro, presenza cangiante, che percorre sotterranei, meandri, scorciatoie e diffonde angoscia irriconosciuta, nullificando lo sforzo dell'uomo."

[…] "La morte non è avvertita come evento che si realizza in un unico momento, ma come decorso, processualità, passaggio. Avvenuto il decesso, si ha cura di chiudere gli occhi del cadavere; alla pietà del gesto è sottesa la funzione latente di difendersi dalla sua pericolosità oggettiva: gli occhi aperti potrebbero contagiare e attrarre alla morte i superstiti. (…)
L'uscita della salma dalla casa - la sua sofferta espulsione - scandisce il passaggio dalla dimensione privata del lutto a quella pubblica, costituendo un momento di particolare lacerazione e tensione emotiva in cui si assommano tutti i momenti di crisi e relativi accorgimenti rituali.
Si rinnovano il pianto ed i lamenti dei familiari e si ricorre a tutte quelle tecniche che superano, nell'ideologia popolare, la resistenza del morto ad allontanarsi definitivamente dalla sua casa. A Bella di Nicastro, nel sollevare la bara da terra si dice per due volte: Jamunindi (andiamocene), chiamando il morto per nome; altrimenti si crede che diverrebbe così pesante da rendere impossibile sollevarlo. (…)
I cimiteri dei paesi meridionali nel loro assetto urbanistico tradizionale sono situati in genere al di fuori del paese. Su tale collocazione ha indubbiamente influito in maniera decisiva la legislazione sanitaria, anche se spesso, dietro le motivazioni tecniche, sono operanti esigenze e preoccupazioni legate all'ideologia della morte.
La collocazione del cimitero nel territorio del paese lo costituisce come polo dialettico, limite ideale, parte della città dei vivi, ma essenzialmente città dei morti, zona delimitata, nella quale il morto con la sua carica sconvolgente, viene rinchiuso divenendo oggetto di pacificata pietà. (…)
Le lapidi e la ricorrente presenza nelle iscrizioni di alcuni espressioni - quali "pace eterna", "riposa in pace", e così via - e in genere le pietre tombali "completano lo sbarramento tra la cerchia dei viventi e il domicilio dei morti, l'iscrizione "riposa in pace" è l'antica formula di scongiuro contro il cadavere che ritorna, contro il viaggiatore che provoca sventure. (…)
Il calvario, tomba esemplare perché del Morto Esemplare, convoglia e fissa, ponendosi come barriera sacralizzata, le cariche distruttrici di ogni minacciosa presenza errabonda. (…) Il calvario è segno della morte, del suo trionfo; ma la morte che si commemora è di qualcuno di cui si è potuto dire: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" di chi ha vinto la morte e perciò nel calvario si recupera la vita; il trionfo che il calvario celebra diviene il trionfo della vita rinnovata."

[…] "La notte è il tempo propizio per il morto, è il tempo più simile alla morte: la presenza degli uomini può, forse, significare la necessità culturale di rafforzare le difese e il controllo sulla morte del morto. La veglia funebre è il tempo della pietà e della straziata solidarietà al morto, ma tradisce anche la esigenza di controllo e di difesa. (…)
E' necessario che il morto resti almeno una notte in casa perché la sua anima deve passare u ponti 'i San Jacupu ( ponte di San Giacomo), che è sottile come un filo di capello. Si crede che, se il morto ha pochi peccati, è agile e attraversa, quindi, il ponte senza difficoltà; se, al contrario, ne ha molti è pesante e impacciato e non potrà attraversarlo agevolmente. Il passaggio avviene a mezzanotte e viene segnalato da uno scricchiolio che si avverte nella camera dove giace il cadavere, per cui a mezzanotte tutti i "veglianti" smettono di parlare o di lamentarsi. Se il morto non rimane in casa almeno una notte ed un giorno, si crede che questo passaggio avverrà dopo quaranta giorni di penitenza."

LUIGI M. LOMBARDI SATRIANI, MARIANO MELIGRANA , "IL PONTE DI SAN GIACOMO"
SELLERIO EDITORE PALERMO, 1989 - PALERMO

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