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Leggende
e racconti popolari di Napoli
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Le occasioni durante le quali si narravano le favole erano solitamente
collettive, rituali, religiose. Appuntamenti quasi fissi ai quali
non si mancava, momenti di aggregazione per raccogliersi in gruppo
intorno al fuoco lavorando o pranzando. Nella nostra regione anche
altri erano i momenti deputati proprio a questo piacevole passatempo,
durante i quali adulti e bambini amavano riunirsi ad ascoltare le
storie antiche di fate e di orchi, le imprese di eroi del passato,
le avventure di re e regine, gli equivoci dello sciocco, gli amori
peccaminosi di frati e monaci. Grazie alla ciclicità della
narrazione-ascolto-narrazione, sono divenute favole e racconti ed
hanno lo stesso significato degli spirituals e dei work song che
le popolazioni di colore cantavano durante le lunghe ore passate
nei campi. Le occasioni erano il periodo della raccolta delle castagne,
dei raduni dei pastori, della raccolta del grano, della pulitura
dei legumi. Ma anche i matrimoni e le veglie funebri offrivano lo
spunto per stare insieme e ripetere i motivi di storie narrate e
rinarrate. [...]
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[...] Le persone
fiabesche sono tipiche anziché uniche. Non appartengono ad una
nomenclatura, spesso sono ambigue, in altri casi (soprattutto nel Basile)
hanno qualche legame con la vicenda del racconto e possono avere un nome
ridicoloso.
C'è la precisa volontà di non rendere possibile alcuna identificazione
né con il tempo né con i luoghi né con i personaggi
che sono completamente diversi da quelli reali. Innanzitutto il tempo.
È sempre indeterminato. Il C'era una volta iniziale non dà
alcuna possibilità di contorni definiti. Così come è
per il luogo che non è mai identificabile. I personaggi si muovono
tra strade, piazze, case che hanno caratteristiche conosciute ma generiche.
Sono castelli, orti, povere case e ricche case. Spesso l'azione, poi,
si trasferisce sottoterra, scendendo ripide scale che si aprono al di
sotto di alberi o dietro porte magiche e che conducono nel mondo fatato
del sottosuolo o dell'altro mondo. I questi luoghi compaiono il Re e la
Regina, ma il Principe e la Principessa sono nominati come il figlio del
Re, la figlia del Re o la Reginella.
Quella di non dare nomi propri a questi protagonisti è uno dei
canoni delle fiabe. L'anonimità di questo o quel personaggio lascia
libera la fantasia (soprattutto quella infantile) di identificarlo come
meglio crede. Nel fiabesco tradizionale fate, orchi, animali parlanti
erano come scatole vuote da riempire con i contenuti del vissuto. [...]
Questi brani sono
tratti dal libro
Leggende e racconti popolari di Napoli
Angela Matassa, NEWTON & COMPTON,
2004
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