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La morte
in piazza
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[...] "Se Hegel paragona l'economia ad un animale selvatico
che si muove di qua e di là ciecamente in modo elementare
e se Baratta vede giustamente nella violenza punitiva lo stesso
animale selvaggio, nutrito dalle forze razionali presenti nella
coscienza collettiva, anche il linguaggio popolare del sangue interpreta,
proprio in termini di sete inesauribile di sangue, l'essenza del
potere: il sangue dei patiboli che dà nuova forza al potere,
il sangue dei fanciulli del popolo che i sovrani utilizzano per
curarsi; il potere insomma, come prelievo continuo ed ininterrotto
dei sangue, attraverso il quale solo può fondarsi e perpetuarsi.
[...]
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[...] Se i tentativi, perseguiti con una certa costanza dall'alto,
di assimilare la figura del boia agli strati infimi ed "ignobili"
della società possono ottenere un successo solo pratico, materiale
e "storico", in quanto dal punto di vista dell'immaginario collettivo
egli appare solidamente installato in una dimensione che non è
nè inferiore nè superiore ma piuttosto liminare, anche le
intenzioni di irregimentarlo e burocratizzarlo, per togliere alla sua
figura quell'alone di sacralità che continua ad avvolgerla, non
paiono sortire maggiori effetti. Se negli ambienti curiali napoletani,già
alla metà del Seicento, sembra delinearsi quantomeno l'esigenza
della figura di un carnefice più vicina ad un servitore dello stato
che svolga il suo compito "asetticamente", con assoluta professionalità,
con imparziale perizia e con decorosa gravità e se nella Palermo
del Settecento si cerca di far indossare al boia un uniforme, peraltro
notevolmente allusiva alle sue funzioni, che in qualche modo lo inserisca
all'interno di una dimensione burocratica e gerarchica, la realtà,
o meglio la coercizione dell'immaginario collettivo tenderà sempre
a collocare la figura del carnefice pubblico in una dimensione di assoluta
separatezza, persisterà ad associarla strutturalmente a quella
del sovrano: "solo come un re" dice un proverbio, ma anche "solo
come un boia" recita un altro proverbio largamente diffuso nel XVI
secolo .
[...]
Questi brani sono
tratti dal libro
La morte in piazza - Opacità della giustizia, ambiguità
del boia e trasparenza del patibolo in età moderna
Giancarlo Baronti, ARGO EDIZIONI,
1999
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