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Suonare
la tradizione
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I valzerini adoperati dai gruppi folkloristici sono basati su armonie
semplici e melodie elementari, perfettamente temperate, prive di
alcun interesse tanto dal punto di vista musicale quanto letterario,
e ovviamente, distanti anni luce dalla complessità musicale
e dall'intensità poetica della tradizione popolare, la cui
forza espressiva risiede proprio in quegli elementi attinenti alla
modalità, alla scansione ritmica, all'organizzazione del
verso, all'emissione vocale, che sono completamente esclusi dal
repertorio folk. Ciò che ne risulta è
una musica piatta, monotona, in cui ogni dinamica è
tenuta ad ogni costo pulita, ingessata e ferma senza più
movimento.
Questa scelta musicale è figlia di un pregiudizio culturale,
prima romantico, poi positivista, poi ancora alimentato a piene
mani dal fascismo, durante il quale non a caso vennero fondati numerosi
gruppi folkloristici, e secondo il quale nel popolo è l'incarnazione
della tradizione dei sentimenti più puri di una nazione:
bontà, semplicità, operosità, amore, contrapposti
alla sofisticatezza e alla conflittualità delle società
moderne e urbane. [...]
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[...] Bartòk,
che prima di essere uno studioso era un musicista, un insegnante, un militante
della cultura popolare (nel senso dell'assoluta convinzione della sua
importanza politica, poetica, artistica, espressiva, nonché
del patrimonio di valori e di socialità in essa contenuti), aveva
invece ben presente la necessità non tanto della sua conservazione
incontaminata, bensì della sua diffusione, acquisizione, trasformazione.
(...) Egli dunque non riteneva affatto, come talora sembra affiorare nell'accademia,
che della musica di tradizione agro-pastorale si dovessero a tutti i costi
mantenere incontaminati i contesti, le forme, i soggetti, sia pure sempre
più residuali, per andare poi, una volta scomparsi gli informatori,
a consultarne gli archivi sonori quale fonte veritiera di uno stile o
repertorio. Il problema, già negli anni venti, non era cioè
(solo) la preservazione del musicista popolare, ma la nascita di nuovi
musicisti.
Purtroppo proprio in Calabria, dove sarebbe possibile un intervento non
archeologico o retorico nei confronti della musica popolare,
a motivo di una sua ancora diffusa anche se diversificata vitalità,
assistiamo a delle prese di posizione rigide, che dall'alta autorità
di una cattedra universitaria condannano come distorsive e implicitamente
o esplicitamente dannose tutte le operazioni sulla tradizione che vengano
condotte al di fuori dell'ambito eletto e polically correct dell'accademia.
Ogni cambiamento introdotto in una mitica purezza originaria
di una manifestazione di cultura tradizionale viene considerata, mutuando
un concetto che E. Hobswam aveva utilizzato per un altro contesto, come
invenzione della tradizione, sia quando il mutamento avvenga
dall'interno, per iniziative di singoli o gruppi, sia quando venga indotto
dall'esterno. [...]
Questi brani sono
tratti dal libro
Suonare la tradizione - Manuale di musica popolare calabrese
Danilo Gatto, RUBBETTINO
EDITORE, 2007
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