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Tammurriate

[…] “ Ciò che lega inconsapevolmente la villanesca alla tammurriata è lo stesso retroterra normativo di relazioni psico-formulari, prima che testuali e fonetiche, che ab origine tenderebbe a mettere in evidenza comuni procedimenti di organizzazione del materiale poetico tra il genere colto e quello di tradizione orale. Si passa così, dalle semplici citazioni proverbiali a certi imprestiti che, serbando anche simbologie ed immagini emblematiche ( “funzionali” all’evento cui si riferiscono nei canti della tradizione viva), diventano indizi di una realtà non scritta vicina alla lirica d’arte. Tali riferimenti molto spesso sono in stridente contrasto con il carattere della poesia o con il “modo” o gli “affetti” che la musica concettualmente dovrebbe esprimere – in linea ad esempio con quanto avviene nel repertorio madrigalistico più o meno coevo -, altre volte sono delle ingenue ed acritiche copiature di un mondo che ha altre strutture, altri sistemi, altri segni.

La villanesca dal punto di vista testuale consta di più coppie di endecasillabi mutevoli ( che in genere esprimono il concetto e che mutano di strofa in strofa), ampliati da una ripresa, di struttura e lunghezza variabile da una canzone a un’altra, inseriti a mo’ di filastrocca.
Ciò che colpisce è sicuramente la rozzezza del verso che - anche tenendo conto di possibili corruttele in fase di stampa - si manifesta innanzitutto nell’imprecisione metrica degli endecasillabi. Nino Pirrotta parlava di un adattamento alla buona lingua toscanese del dialetto napoletano, ad opera di una tradizione cittadina di canto popolare che accoglieva i tipici tratti dell’humus rurale, combinandolo con elementi colti. A ciò si aggiunga che l’esplosione metrica dell’endecasillabo risulta essere l’effetto di citazioni palesi di versi di tradizione orale laddove l’irregolarità del metro è dovuta al prevalere del contenuto sulla forma.

[…] Anche la tammurriata attinge per i versi a un tradizionale corpus di strambotti endecasillabi che vengono articolati per lo più in distici (anisosillabici e imperfetti nel rimare), da cui anche la semplice struttura musicale risulta essere strettamente condizionata.
Circa la presenza di forme affini alle tammurriate già nel Cinque-Seicento, lo appuriamo dalle cronache coeve ( forme musicali chiamate “canzune”), la cui bellezza espressiva e carnale, accompagnata sempre da aspre esecuzioni, colpiva particolarmente i cronisti. Era una forma monodica e vicina a una realtà rurale che nulla aveva a che fare con le espressioni musicali cittadine o comunque colte”.

VINCENZO CORRARO

 

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[…]“ Ogni sette anni, da secoli, a Guardia Sanframondi, un paese arrampicato sulle alture dell’appennino beneventano, ai confini con il Molise, l’intera comunità recita per una settimana intera un corale mea culpa che coinvolge migliaia di persone. In nome dell’Assunta.
Fenomeno cultuale tra i più noti e più interessanti d’Europa per complessità cerimoniale e per ricchezza di motivazioni religiose, storiche e culturali, al festa dell’Assunta di Guardia viene per lo più identificata con il suo momento più spettacolare: quello che ha luogo la domenica conclusiva dei Riti - che si svolgono la prima settimana dopo Ferragosto - ed è caratterizzato dalla processione dei “battenti”. Questi ultimi sono fedeli, coperti da un rigoroso ed inviolabile segreto, che fanno voto di battersi e sfilano per le stradine del paese percuotendosi il petto con uno strumento di penitenza, detto “spugnetta”: un disco di sughero che porta infilate trentatre punte. Ai “battenti” si aggiunge una schiera di penitenti a viso scoperto, che fanno un voto meno severo limitandosi a battersi con una “disciplina” di ferro.
E’ facile comprendere come il fenomeno dei “battenti” finisca per attrarre, qualche volta un po’ morbosamente, una folla sterminata facendo letteralmente esplodere un paese di cinquemila anime. In occasione dell’ultima edizione, svoltasi nell’agosto del Novantasei, oltre centomila “spettatori” hanno preso d’assalto l’antico borgo.
L’origine dei Riti viene fatta risalire ai tempi di Carlo Magno quanto, una statua dell’Assunta sarebbe affiorata prodigiosamente dalla terra” […]

MARINO NIOLA

 

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Questi brani sono stati tratti dal libro
a cura di ANTONELLO LAMANNA, TAMMURRIATE - ED. ADNKRONOS LIBRI, 2004

 


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